I canti polivocali della
Settimana Santa costituiscono oggi una delle principali espressione del
patrimonio musicale tradizionale della Sicilia che vengono tramandati
oralmente di generazione in generazione.
Vengono generalmente
denominati con il termine "lamenti" oppure "lamintanzi" o ancora "ladate".
L’origine di questi canti viene fatta risalire al periodo medievale ed
in particolare a Jacopone da Todi autore di numerose laude religiose.
Le
laude spirituali venivano cantate ad opera dei laudesi nel XII secolo
come accompagnamento alle processioni in onore di Gesù, della Vergine e
dei Santi.
Successivamente nel secolo XIII, nacquero le compagnie
laicali dei Disciplinati, che esprimevano il loro culto cantando
laude e inscenando rappresentazioni in volgare.
I Disciplinati
erano dei laici riuniti in confraternite che, preoccupati per la
salvezza della propria anima, si sottoponevano a una vita di preghiera e
di penitenza tra le quali privilegiavano l'autoflagellazione per
provare sul proprio corpo le stesse sofferenze patite da Cristo nella
sua passione.
Quindi, nel corso dei secoli, le confraternite
furono i depositari di questi canti lugubri e lamentosi della Passione e Morte di Gesù.
La più importante festa per i deliani era, come
lo è anche oggi, quella di Pasqua, ma fin dai tempi della fondazione del
paese, rivestivano grande importanza per la catechesi anche le
processioni penitenziali dei "Venerdì di Marzo".
Poi, in ordine d'importanza venivano le feste mariane (la principale era quella dell'Immacolata) e a seguire quelle dei santi.
Ma,
erano soprattutto le confraternite momenti e luoghi per l'istruzione
religiosa e morale di tutti i ceti sociali. La pratica dei sacramenti
era poco osservata, mentre i quaresimali e le missioni popolari erano i
momenti più forti di evangelizzazione del popolo.
Le
confraternite erano associazioni religiose riconosciute ed approvate
dall'autorità ecclesiastica che svolgevano un ruolo importantissimo
nella società di allora in quanto, oltre ad avere un'importante finalità
religiosa, essendo una sorta di mutua in campo spirituale, avevano
anche scopi assistenziali che, motivati dalla carità cristiana, furono
molto preziosi ed insostituibili in quella precaria economia rurale.
A
Delia, dopo qualche anno dalla sua fondazione avvenuta nel 1597, erano
già state costituite tre confraternite: quella del SS. Sacramento alla
Madrice e quelle di S. Antonio Abate e della Madonna d'Itria nelle
omonime chiese.
Dopo alcuni anni furono fondate anche la
confraternita di San Giuseppe, nell'omonima chiesa, e quella
dell'Immacolata, nata nella chiesa Madre e rifondata nel 1726, nella
chiesa di S. Antonio Abate.
La confraternita del SS. Crocifisso e
dell'Addolorata fu fondata nella chiesa Madre soltanto nel 1760.
Pertanto è probabile che, a Delia, prima del 1760, a solennizzare la
liturgia del Venerdì Santo partecipassero tutte le confraternite e in
particolar modo quella del SS. Sacramento che aveva la sede nella
Madrice.
In quei tempi, a Delia, come in ogni altro luogo,
l'attesa della Pasqua aveva un carattere di penitenza. Durante tutto il
tempo della quaresima i fedeli digiunavano per partecipare alle
sofferenze patite dal Cristo e nelle processioni penitenziali dei
"Venerdì di Marzo" e del Venerdì Santo portavano in processione il
Crocifisso percuotendosi ed intonando dei canti lamentosi, detti,
appunto, "lamenti".
A Delia, a partire dal 1760, i lamenti furono
i canti propri della confraternita del SS. Crocifisso e dell'Addolorata
che da allora curarono le solennità della Settimana Santa e la festa
del Crocifisso.
Del resto, come si legge nelle regole della
confraternita del Crocifisso e dell'Addolorata di Delia, i confrati, il
cui scopo finale era quello della salvezza della propria anima, oltre a
condurre una vita morigerata, partecipare alla Messa, accostarsi al
sacramento dell'Eucarestia e alla confessione, impegnarsi nelle attività
caritative e di solidarietà sociale, dovevano curare e solennizzare i "Venerdì di Marzo" e liturgia del Venerdì Santo. Infatti nel Capitolo V
della loro regola si legge:
"Questa congregazione non dovrà fare
feste o apparenze pubbliche nelle quali vi entrano spese, tolto che in
tutti li venerdì di marzo, Precetto Pasquale e processione dolorosa del
nostro appassionato Gesù nel Venerdì Santo la sera per farvi la
descendenza della croce".
Da allora per più di cento anni la
confraternita del Crocifisso e dell'Addolorata di Delia curò le
processioni penitenziali dei “Venerdì di Marzo” e la Scinnenza del
Venerdì Santo con le due processioni: quella antimeridiana con il
cataletto e quella della notte con l'urna.
I confrati, vestiti
con sacco di tela bianca legato alla vita da un cingolo e mantellina con
cappuccio bianco, guidavano le processioni penitenziali a lume delle
lanterne, per le strade buie d'allora portando solitamente la corona di
spine e talvolta la corda al collo e le catene ai piedi.
Durante
il percorso processionale che interessava sempre la via dei Santi
venivano recitate le litanie e si cantava la passione del Signore, si "ladava" o "lamentava" la passione per partecipare in maniera più
profonda e coinvolgente al mistero della redenzione.
Gli
appartenenti alla confraternita del Crocifisso e dell'Addolorata, in
maggior parte borghesi e nobili ma senza esclusione degli altri ceti
sociali soprattutto quello dei contadini, intonavano in coro, nel
silenzio più profondo, struggenti melodie: i "lamenti".
Il tema di
questi componimenti poetico-musicali è la passione e morte di Cristo e
la loro straordinaria forza è dovuta al fatto che i "lamenti" con la
modulazione della voce dei diversi lamentatori riescono a suggestionare
la sensibilità e suscitano una forte emozione nel popolo.
Nel
corso della seconda metà del 1800 a Delia l'esperienza
dell'associazionismo confraternale incominciò ad esaurirsi e già nei
primi anni del 1900 era completamente scomparsa.
Nei Decreti
Generali del 14 Ottobre del 1908 relativi alla visita pastorale a Delia
di mons. Intrecciatagli veniva scritto: "Non si conoscono istituzioni
cattoliche altrove fiorentissime; l'unica confraternita che vi era si è
lasciata estinguere".
Malgrado la scomparsa delle confraternite
la tradizione della "scinnenza" e dei "lamenti" è continuata fino ai nostri
giorni. Infatti, gruppi spontanei, soprattutto di contadini,
continuarono a tramandarsi oralmente il testo dei lamenti che vengono
cantati il Giovedì e Venerdì Santo destando sempre grandi emozioni nel
popolo dei fedeli.
Se, come si è detto sopra, la tradizione di
cantare la Passione e Morte di Cristo viene fatta risalire al 1200
quando sorsero in Umbria ed in Toscana le compagnie dei laudesi che
accompagnavano le processioni della Settimana Santa e dei Santi con
litanie e canti, le melodie di questi componimenti musicali, i lamenti,
hanno precisi e documentati rapporti con il falso bordone, tecnica di
canto polifonico testimoniata dalle fonti scritte a partire dalla prima
metà del XVI secolo e che procedeva con la tecnica del contrappunto che
consisteva nell'eseguire un canto accompagnandolo con altre due voci che
procedevano parallelamente ad altezze inferiori.
L'esecuzione
dei lamenti è sempre opera di gruppo maschile costituito da cantori
specializzati detti anche "lamentatura" che, col tempo, attraverso
precisi iter di apprendistato, hanno acquisito particolari competenze.
Fare
parte della squadra di "lamentatori" è un grande onore e privilegio
all'interno della comunità. Ogni "lamentatore" di norma si specializza
nell'esecuzione di una parte vocale, anche se diversi degli attuali
componenti della squadra, soprattutto tra i più giovani, sono in grado
di realizzare più parti vocali.
L'articolazione musicale dei
lamenti presenta sempre una marcata dicotomia fra una parte vocale
melodica ed una componente corale di accompagnamento. La prima quella
vocale è eseguita da un solista e viene realizzata da un solo cantore.
Quasi
sempre presenta un andamento discendente per lo più per gradi congiunti
e si caratterizza per una ricca componente di ornamentazioni
melismatiche che sanno di orientale. La componente corale può essere a
una, due o tre parti vocali eseguite da più di un cantore. Interviene in
determinati punti dello svolgimento della parte melodica
accompagnandola in maniera diversa a seconda dei casi.
L'esecuzione
musicale si costituisce sulla successione di triadi complete in
posizione fondamentale, quasi sempre con il raddoppio all'ottava della
nota base dell'accordo. Il coro, come detto, è a tre parti vocali e sono
denominate "secunna", "terza" e "bassu", che si collocano sempre al di sotto
della melodia svolta dal solista.
La "secunna" e la "terza" si
muovono esclusivamente per gradi congiunti all'interno di ambiti
alquanto ristretti, il "bassu" realizza salti melodici (fra cui quello
principale di quinta ascendente) eseguendo le note fondamentali degli
accordi.
Durante l'esecuzione i cantori si dispongono in cerchio
secondo il seguente schema: "prima", "secunna", "bassu", "terza". Tutte le parti
vocali possono essere raddoppiate ad esclusione della prima. Il numero
dei "lamentatori" non è quindi rigidamente prestabilito: si va da un
minimo di quattro fino a otto-nove cantori quando è necessario ottenere
una elevata intensità di suono.
La prima voce è l'unica a
svolgere il testo verbale mentre il coro sottolinea l’ultima strofa e
ribatte in alcuni casi quelle sillabe che nella dinamica dell’esecuzione
musicale assumono particolare rilevanza.
Il testo verbale
cantato è in dialetto siciliano, ha un carattere prettamente narrativo e
il suo significato non è di facile interpretazione. In definitiva, ad
essere protagonista è più il valore del suono di quei lamenti strazianti
e metodici che riesce a comunicare gli stati d’animo del momento della
Passione di Cristo.
- Testo tratto dal sito ufficiale "Comune di Delia".
- Foto tratte dalla pagina facebook "Gruppo Lamentatori DELIA".


